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OMELIA NELLA MESSA CELEBRATA DAL VESCOVO MARCO IN MEMORIA DEI FEDELI DEFUNTI DURANTE LA FASE ACUTA DELL’EMERGENZA SANITARIA 5 LUGLIO 2020

La nostra vita umana è un continuo distacco, in ogni istante dobbiamo dire addio a qualcosa o a qualcuno sotto forme anche molto diverse, perdere un legame affettivo, perdere un lavoro, perdere alcune volte la nostra reputazione a motivo di qualche incomprensione, soprattutto perdere le persone che ci sono care. Nei mesi scorsi, come già diceva Don Giacomo, abbiamo potuto dire addio ai nostri cari defunti in una maniera meno degna rispetto a come di consueto facciamo. Sappiamo che questa morte è stata crudele perché veloce, a distanza, solitaria, spesso non abbiamo potuto dare un ultimo sguardo, un’ultima stretta di mano, un sorriso alle persone che ci lasciavano, sono mancati alcuni gesti del congedo, della pietà, delle condoglianze. Oggi vogliamo compiere insieme questo atto di lutto e di memoria comunitaria. E’ un debito di riconoscenza verso questi nostri cari fratelli, vogliamo onorare il loro passaggio sulla terra, hanno fatto del bene e loro stessi sono stati il bene per noi, vogliamo ricordare e questo bel verbo che vuol dire re-cor-dare, cioè far salire ancora dal cuore, i volti, i nomi, le personalità di questi nostri fratelli, amici, parenti, genitori e vogliamo soprattutto ricordare nella loro pienezza le vite questi fratelli, non soltanto gli ultimo istanti più drammatici, più tribolati, vogliamo che abbiano il diritto di essere ricordati per tutta l’ampiezza della loro vita e della loro personalità. Da parte nostra vogliamo raccogliere l’eredità spirituale che ciascuno di loro ci lascia. Penso che tutti noi ricordiamo una parola, una frase, un gesto, una azione caratteristica dei nostri morti, prolungare queste loro parole, queste loro attività significa non lasciare che il loro vuoto impoverisca le nostre famiglie e le nostre comunità. E’ importante anche raccontare ciò che loro hanno detto e ciò che sono stati, raccontare per non disperdere la memoria, raccontare è anche ciò che guarisce un po’ il cuore dall’angoscia, ci fa sentire meno soli, soprattutto se chi ascolta, ascolta con il cuore attento e delicato. Certo per timore di tradire i defunti spesso non ci diamo pace, li continuiamo a pensare fissando il vuoto che hanno lasciato. Alcune persone sono molto attente a lasciare tutto intatto come se il loro defunto dovesse ritornare di lì a un momento, così però il ricordo si fissa sul passato che non c’è più, in uno sforzo vano di far ritornare in vita e di collocare ancora qui nel tempo chi ormai vive fuori del tempo. Questo sforzo di ricordo psicologico, umano ci stanca e ci opprime è come l’abbraccio vano di un’ombra che sfugge sempre più in là. Dobbiamo stare attenti a questo ricordare cattivo perché è un ricordo che non lascia andare i nostri morti là dove adesso vivono, li vorrebbe trattenere qui nel loro passato, nel loro ieri, ma questo fa male anzitutto a noi, è un atto di pietà verso di noi lasciarli andare e andare noi un po’ con loro dove già sono. Attenti a questo ricordo cattivo che diventa nostalgia, malinconia, sforzo vano per rendere ancora qui presenti nel tempo coloro che ormai non appartengono più al tempo. Il ricordo solo psicologico è insufficiente, cosa dobbiamo fare? Dobbiamo innestare il nostro ricordo sull’eterna memoria di Dio. Dio dona la vittoria sul tempo: il tempo consuma gli istanti, gli anni, le vite, porta tutto alla corruzione, Dio ha vinto il tempo, è sopra il tempo e Dio può far partecipare dell’eternità tutto ciò Lui ama e siccome Dio non dimentica nessuno di quelli che ama può dare vita eterna, può dare il Paradiso alle persone che ama. Ciò che rimane per sempre è l’eterna memoria di Dio che è la memoria dell’amore ed è importante custodire i nostri cari nella memoria di Dio perché è l’unica che vive per sempre. Quando noi diciamo, “ti ricordo” vogliamo dire “ti penso”, ma abbiamo capito che pensare nella nostra mente i nostri cari, non li riporta in vita. Quando noi qui nella Messa diciamo:” Ricordati Padre dei nostri fratelli defunti”, in quel momento il Padre dona vita eterna a quelli che noi ricordiamo e “i ricordati” si rendono presenti, sono qui e noi possiamo ancora entrare in comunione con loro. Dio si è ricordato di noi in Gesù, è venuto a prenderci fin dai nostri inferi e Gesù è anche, non solo Dio che si ricorda dell’uomo ma anche il primo uomo che si è ricordato totalmente di Dio e nell’atto supremo della sua vita, che è tutta vissuta insieme al Padre. Gesù dice:” Padre, nelle tue mani io affido il mio spirito”. In quel momento la morte è trasformata in una offerta a Dio, in una offerta di fiducia e Dio gradisce questa offerta e risuscita Gesù. Questa è la risposta di Dio al nostro atto di affidamento a Lui, in quel momento la morte è trasformata da maledizione, da morte che significa finire, sparire, abbassarsi a passaggio da questo mondo al Padre e anche noi possiamo essere i commensali al banchetto delle nozze dell’Agnello nel Regno dei cieli. Ecco cari fratelli e sorelle è così che noi ricordiamo i nostri cari defunti nell’Eucaristia che è la Pasqua sempre resa viva, sempre resa presente e operante, è la Pasqua, il passaggio di Gesù oggi con noi al Padre. Nell’Eucaristia incontriamo i nostri cari, è il punto di incrocio tra i vivi e i defunti e c’è una continuità di relazione con loro. “Ai tuoi fedeli, Signore, la vita non è tolta ma è trasformata”. I nostri defunti sono invisibili ai nostri occhi ma non sono assenti, li possiamo incontrare nella comunione dei santi e quando siamo qui in chiesa possiamo offrire per loro preghiere, innanzitutto chiedendo che Dio purifichi la loro vita se ci sono stati istanti chiusi a Dio, istanti di peccato e possiamo noi oggi farci voce per loro, del loro ardente desiderio che è quello di partecipare alla pienezza della vita nella risurrezione. Quanto sono belle quelle parole: “Ricordati dei nostri fratelli defunti e ammettili a godere la luce del tuo volto” Questa è la pienezza della vita nella risurrezione. In questi giorni ho ascoltato diverse volte persone che dicevano come è stato crudele non poter dire alcune parole, che avrei voluto dire, ai miei cari. Lo sappiamo, tante volte i rapporti si interrompono bruscamente, rimangono come sospesi e magari viene l’amarezza perché non c’è stato il tempo per un chiarimento, per dirci qualche parola di perdono, di riconciliazione, di spiegazione. Vorrei dirvi che non tutto è perduto, perché nella Messa si aprono degli istanti di dialogo con i nostri defunti, il rapporto con loro non è sigillato in maniera definitiva, si può evolvere e noi possiamo approfondire quei rapporti che qui sulla terra sono stati imperfetti, avremo anche tutta l’eternità per poterci amare e questa volta in maniera perfetta, questo nostro ricordare i nostri defunti in Dio e a Dio Padre, porta riposo. Gesù nel Vangelo ha detto:” Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi”. La vita è tensione, abbiamo sempre paura di perdere qualcuno e qualcosa, cerchiamo di difenderci perché vorremmo essere al sicuro dalle perdite e anche dalla perdita della mia vita perché il grande nemico è la morte. Il Covid ha fatto fare a tutti un grande bagno di umiltà, il virus ha toccato tutti, scienziati, medici, politici, giovani e vecchi, poveri e ricchi e quel mito che noi avevamo di poter dominare tutte le cose, di controllare un po’ tutto, spiegare tutto con la scienza o con la tecnica e abbiamo capito invece quanto siamo fragili, siamo povere creature mortali. Qualcuno diceva che sarebbe possibile allungare la vita fino a 150 anni, questo mito di immortalità che è in fondo desiderio di vivere sempre che l’uomo ha inscritto nel proprio animo, questo mito noi non lo raggiungiamo innalzandoci in maniera presuntuosa, cercando di andare noi oltre la morte. Questo è l’errore degli errori, è l’orgoglio che ha voluto far pensare che l’uomo poteva pareggiare Dio in uno slancio di autosufficienza e quando l’uomo è decaduto da Dio, perché ha voluto essere un idolo di se stesso, l’uomo ha deragliato il suo cammino. Sappiamo che l’uomo è un impasto di polvere e di spirito, la polvere è la nostra carne debole e finché è attaccata allo Spirito di Dio, allora è forte ma se ci separiamo dallo Spirito di Dio, rimaniamo senza di Lui e la nostra umanità è mortale, corruttibile, si ammala, è continuamente esposta ad ogni minaccia ed ad ogni miseria. Per questo Paolo, come abbiamo sentito dalla seconda lettura dice ai cristiani: “Cercate di accogliere lo Spirito di Dio in voi, perché se lo Spirito di Dio abita in voi, il Padre che ha risuscitato Gesù dai morti, darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo dello Spirito che abita in voi.” Questo è il messaggio di questa liturgia! Abbiamo soltanto due alternative: vivere secondo la carne, ma chi semina nella carne prende corruzione e la carne cosa è? è vivere nella logica dell’avere, dell’apparire, del godere una vita effimera che è vapore di un istante. L’altra scelta è vivere secondo lo Spirito e perciò raccogliere vita eterna. San Paolo dice: “Fate morire la carne: l’opera della carne è l’orgoglio” Se c’è una cosa da cui dovremmo distaccarci è proprio il nostro orgoglio che si erge in maniera presuntuosa sulla nostra polvere dicendo a Dio: io posso fare a meno di te. Gesù dice invece: “Imparate da me che sono mite e umile di cuore”. Imparate da me che sono un piccolo! Gesù ha scelto la via della piccolezza che significa appoggiare la propria sicurezza sul Padre e il Padre da cui Gesù riceve tutto è stato la sua forza. Noi dobbiamo continuamente scegliere tra l’infantilismo del nostro orgoglio che si pone al centro di tutto e la piccolezza di Gesù.  E’ la via di Gesù la piccolezza perché la sua forza, il suo punto di appoggio è nella fedeltà del Padre che non lo ha abbandonato in potere della morte ma, reso morto nella carne dagli uomini, Gesù è stato reso vivo per sempre dallo Spirito del Padre che lo ha risuscitato. Vorrei invitarvi oggi a prendere su di voi il giogo di Gesù. Gesù ha detto:” Il mio giogo è leggero, il mio carico non è pesante.” Il suo giogo è l’amore. Dobbiamo imparare dal cuore di Gesù che è un cuore che ama, che ama Dio e ama i fratelli. Amare Dio, lo dicono tutte le religioni, la novità cristiana è amare Dio Padre o meglio lasciarsi amare dal Padre, affidandoci a Lui. Amare il prossimo. Tutte le religioni più o meno lo dicono, la novità cristiana è amare il prossimo come Gesù ha amato, fino a dare la vita per gli amici, amare il prossimo perché è Gesù. Cari fratelli e sorelle, l’amore è l’unica vittoria sulla morte, è l’unica modalità di vita che ci mette nelle memoria eterna di Dio che vince il tempo, che custodisce le nostre vite umane in quella vita di Dio che chiamiamo il Paradiso. Dobbiamo fare soltanto una cosa che è il vero segreto per vivere sempre, per non rinunciare a vivere e questo segreto è rinunciare all’attaccamento al nostro orgoglio che ci fa vivere nella polvere dimenticando che noi siamo immagine di Dio, che è soltanto lo Spirito di Dio che ci fa veramente grandi. Chiediamo al Signore questa capacità di non distaccarci da Lui per poter fare si che nulla ci separerà dall’amore di Dio in Cristo Gesù e nulla ci separerà da quelli che Dio ama, i nostri defunti per primi.